Il dialetto romanesco e le sue sfaccettature

Anche gli abitanti di Roma, come la maggior parte degli italiani, hanno una parlata che li rende riconoscibili non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Il romano, assieme al toscano, è uno dei dialetti che si avvicina maggiormente alla lingua italiana vera e propria. Tuttavia comprenderlo, se si sta per la prima volta a Roma, può non essere semplice. Vediamo alcune delle espressioni più famose, che può darsi abbiate sentito almeno una volta nella vita.
1) Se una persona vi strilla “Ahò!”, non vi allarmate, ma non vi rilassate nemmeno. Il più delle volte, con questa parola l’interlocutore vuole richiamare la vostra attenzione, magari per farvi un saluto oppure perché vuole un vostro contatto visivo. La parola “Ahò!”, nella maggior parte dei casi, non ha infatti un significato negativo; lo diventa qualora la circostanza in cui si utilizza, è piuttosto tesa e poco felice (esempio: “Ahò, ma che stai a fa’?” oppure “Ahò, falla finita!”).

2) Solitamente, quando un romano è sorpreso da qualcosa o da qualcuno che si trova davanti ai nostri occhi, utilizza l’esclamazione “Anvedi!”. La parola, il cui corrispettivo è “vedi questo!”, di solito si accompagna con altri vocaboli di uso comune (“Anvedi oh!”, “Anvedi questo!” ecc..), ma anche gesti come tenere un braccio teso verso l’interessato, con la mano leggermente piegata.

9527271125_c569a5a6df_c3) Se un romano è contento di ciò che è accaduto o sta per accadere, esprime la propria felicità con un semplice ma alquanto caratteristico “Daje!”. Il termine è entrato in uso comune anche per incoraggiare qualcuno a cui si vuole bene (“Daje un po’!”), o anche un qualcosa, come la propria squadra di calcio (“Daje Roma!”, “Daje Lazio!”).

4) Quando si inizia un discorso o quando si vuole dare spiegazioni, il romano inizia quasi sempre la frase con “Calcola…”. Ovviamente, questo intercalare non determina necessariamente una grande conoscenza della matematica.

5) Se, invece, una situazione non è andata come avresti voluto, è molto probabile che il romano che avrete di fronte possa dirvi “stacce!”, come equivalente di “che ti piaccia o no!”.

6) Gli insulti in romanesco sono abbastanza volgari, ma anche terribilmente soddisfacenti dal punto di vista di chi ne usufruisce. Spesso la volgarità include anche concetti come la fortuna, il menefreghismo o la noia. Avrete col tempo la possibilità di crearvi un vocabolario tutto vostro!

7) Vuoi per pigrizia, o per volontà propria, una parte dei verbi in romano sono abbreviati. Ad esempio, “andiamo” diventa “nnamo”, “vieni!” diventa “vié!” oppure “facciamo” si dice “famo”. Nella prima persona plurale, spesso si dimentica la lettera I prima del suffisso.

8) “Me cojoni” e “Sticazzi” sono altri due vocaboli molto utilizzati che possono all’apparenza avere una connotazione negativa e aggressiva, ma anche in questo caso a seconda del contesto possono denotare anche una situazione divertente e burlona! “Me cojoni” si usa per enfatizzare la sorpresa per qualcosa, una sorta di “Addirittura!” in pieno stile romanesco. “Sticazzi” invece significa letteralmente “non me ne può importare di meno”. Pare che nel dialetto milanese le due parole siano utilizzate ma con significati diametralmente opposti!

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Il dialetto romanesco e le sue sfaccettatureultima modifica: 2023-11-21T20:00:17+01:00da locandaparlamen
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